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In seguito alle misure adottate per affrontare la diffusione del Coronavirus in Italia, è in costante aumento la cancellazione di spettacoli ed eventi culturali su tutto il territorio nazionale, con una perdita d’introiti irrecuperabili nel tempo e senza nessun tipo di copertura, accesso al credito o dilazione di pagamenti. Solo nel settore dello spettacolo dal vivo, Assomusica ha valutato almeno 10,5 milioni di minori entrate in 2 giorni. 
«Questa crisi che il D.C.M. del 25.2.2020 si propone di risolvere con smart working e periodi di ferie ha contribuito a far emergere la totale mancanza di riconoscimento per il lavoro di centinaia di migliaia di professionisti dello spettacolo, con enormi discriminazioni previdenziali e reddituali» spiega Chiara Chiappa, presidente della Fondazione Centro Studi Doc, parte della Rete Doc.

  1. Indennità di malattia riconosciuta a partire dal primo giorno come accade in tutti gli altri settori al di fuori dello spettacolo. Oggi è richiesto il versamento minimo di 100 giornate di contributi INPS dal gennaio dell’anno precedente;
  2. Per l’accesso alla Naspi, l’abolizione del “ticket” licenziamento in caso di licenziamento per giustificato motivo a causa della crisi Covit 19;
  3. Riconoscimento della Naspi agli intermittenti dello spettacolo per tutti i periodi di sospensione di attività, anche in costanza di rapporto di lavoro, per un periodo almeno pari a quello lavorato, considerando anche le giornate di lavoro per prove;
  4. La garanzia di accesso a un ammortizzatore sociale (FIS) anche per i lavoratori intermittenti in modo commisurato alle giornate di lavoro svolto durante l’anno precedente e non solo al lavoro cancellato nel primo periodo di crisi;
  5. La garanzia di accesso a un ammortizzatore sociale (FIS) e l’estensione ai lavoratori con meno di 90 giorni di anzianità con un unico committente, requisito quasi impossibile per chi non è socio dipendente di cooperative o di teatri stabili, e concessione anche a piccole realtà con meno di 5 dipendenti.
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